L'Angolo dei miei Dolci Pensieri

Via con me, Mini Fan Fiction FranziskaxMiles da Ace Attorney

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Lady_Angel_Pao^^
view post Posted on 3/2/2011, 21:14




Via da me

Per qualche motivo avevo da giorni sempre avuto uno strano presentimento.
Forse era dovuto allo smisurato numero di sorrisi, o semplicemente dal suo entusiasmo.
Ero sicura al cento per cento che questi fattori riguardavano anche le poche mail e il loro scarno contenuto riguardo la sua vita.
- Oh! Franziska…
- Ho visto… che non sei venuto in procura oggi; sei mancato al lavoro. Sono venuta per accertarmi che tu stessi bene. Però… mi sembra che tu lo stia affatto, dato ciò che vedo.
Rivolsi uno sguardo fugace all’interno di casa sua e al suo vestiario. Indossava solamente i pantaloni, non aveva neppure agganciata la cintura, e il petto era totalmente nudo. Alle sue spalle, una mezza spoglia Kay Faraday mi guardava in modo spaventato, come se avesse il terrore di una mia reazione.
Ma io non avevo parole.
- Ah già, mi ricordo di te… la ladra Yatagarasu, giusto? – mormorai, abbassando lo sguardo.
- Sì… - rispose Miles, facendole cenno di andarsene. Senza esitare, ella ubbidì e scappò via a gambe levate.
Sinceramente non sapevo cosa dire. E non sapevo come comportarmi.
Dovevo essere felice per lui, che finalmente aveva trovato una persona alla quale voleva bene? O invece avrei dovuto arrabbiarmi, buttandogli in faccia tutta la verità? Non ne avevo il diritto, comunque.
Per quanto io lo considerassi importante, per lui non ero più che una semplice “sorellina”.
- Ehm… allora per oggi me ne torno a casa – dissi, mettendogli in mano una cartelletta di plastica. – Questo è il fascicolo riguardante il caso che hai accettato; ho già impostato tutto e ti ho trovato prove e testimoni. Perciò dovresti essere a posto.
- Senti, mi dispiace…
- Ne parleremo domani con calma, va bene? Ora devo andare.
Gli voltai le spalle e cominciai ad avviarmi verso la mia macchina, silenziosamente, senza accertarmi che lui fosse rientrato. Forse avrei dovuto dirgli “Torna dentro. Fa freddo e tu non sei affatto vestito” ma non ci riuscii. Avevo un nodo alla gola che mi impediva di formulare una qualsiasi frase.
Non appena mi sedetti al posto guida, scoppiai a piangere. Gettai con furia sul sedile posteriore il pacco regalo che avevo deciso di dargli. Udii il rompersi di vetri. Sì, dovevo averlo distrutto letteralmente, data la forza con cui l’avevo lanciato.
Perché questo doveva capitare proprio a me? Per quale motivo tutto mi si era ritorto contro, nonostante la mia buona fede?
E dire che avevo dato tutta me stessa per confezionare quel dono, per trovare quello adatto a lui. Col cuore, avevo deciso di confessargli tutto ciò che provavo nei suoi confronti.
Ma ora avevo capito. Mi considerava in modo totalmente diverso da ciò che immaginavo.
- Lo sapevo…
Ero solo la figlia di un assassino, la secondogenita del suo peggior nemico, colei che aveva preso il posto del traditore che l’aveva ingannato per tanti lunghi anni.
Ed ero rimasta una semplice collega e compagna di studi, nulla di più.
Nel suo privato non venivo considerata. Chissà se aveva dimenticato tutti i momenti belli che avevamo passato assieme. Forse aveva gettato via ogni cosa, ogni minimo ricordo, dopo la tragedia.
O peggio… mi credeva una sua nemica?
- Non dovevo dare retta a questo dannato sentimento.
Affondai con rabbia un piede nell’acceleratore, sgommando via da quel posto maledetto a tutta velocità.
Era San Valentino, le dieci di sera, la notte degli innamorati.
Ed io non l’avrei passata assieme ad Edgeworth… l’uomo che tanto amavo.

---

Ragazzi, non avete letto male. Questa fic l'ho fatta oggi pensando in un modo diverso dal solito.
Ho voluto esaltare i veri sentimenti di Franziska, ciò che comporta il suo dolore profondo.
E il titolo della fic è giusto "Via con me" mentre quello della prefazione è "Via da me" (tratto dallo sviluppo della prefazione). E sì, è una FranziskaxMiles che si verificherà tra... diciamo un po' di tempo.
Per ora mi spiace postare questa COSA corta, schifosa e dolorosa. Non sembra neppure fatta da me.
Potevo fare di meglio, sì.
Però ditemi cosa ne pensate!
Danke (grazie in tedesco).

Edited by Lady_Angel_Pao^^ - 3/2/2011, 21:22
 
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;Phoenix
view post Posted on 3/2/2011, 21:20




È corta,ma fa il suo effetto,ottima prefazione!Miles e Kay...Franziska ne è frustrata,e si nota!
Good job! =)
 
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Grace96
view post Posted on 3/2/2011, 21:26




E' bellissima, giuro Lady. Ottimo lavoro. Riesco a capire benissimo le emozioni di Franny!
Ottimo lavoro!
Solo che..boh è strano...Kay e ..Miles? E' strano...detto da te!
Beh è pur sempre un ottima fan fiction scritta in modo superbo! ;)
 
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Lady_Angel_Pao^^
view post Posted on 3/2/2011, 21:31




CITAZIONE (Grace96 @ 3/2/2011, 21:26) 
E' bellissima, giuro Lady. Ottimo lavoro. Riesco a capire benissimo le emozioni di Franny!
Ottimo lavoro!
Solo che..boh è strano...Kay e ..Miles? E' strano...detto da te!
Beh è pur sempre un ottima fan fiction scritta in modo superbo! ;)

Grazie per i complimenti Grace!
Comunque sì, è parecchio strana, ma fatta apposta per risaltare ancor più ciò che lei prova.
Perchè Kay e Miles...? Sinceramente volevo trovare un inizio della storia FXM diverso dal solito.
"Perchè non uno pseudo tradimento?" mi sono detta.
Ma mica è detto che lui rimanga con la ladra (non solo di verità, cit del gioco, ma anche di cuori)! Chissà, potrebbe ricredersi perchè... NON ANTICIPO NULLA DI NULLA!
Mi sono immaginata tutte le scene da cima a fondo. Io vivo in prima persona ciò che scrivo mentre scrivo, capite cosa intendo?
Infatti mia madre si chiede cosa stia facendo quando faccio una smorfia furente o quando ho i lucciconi.
Io amo le storie e le vivo, diamine!
Perciò l'inizio è così, mi spiace perchè è corto e strano, però vi prometto dei prossimi capitoli più lunghi e ricchi di svolte.
 
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Lady_Angel_Pao^^
view post Posted on 4/2/2011, 20:33




Decisioni dolorose

E’ proprio vero che le persone non si rendono conto quanto dolore e quanta delusione provocano in chi le circonda.
Ci sono due categorie ben distinte di gente; quella che sopporta senza proferir parola questo carico di emozioni negative e quella che cede al primo ostacolo, senza provare a lottare o riscattarsi.
Non sapevo dove pormi. Non rientravo in nessuna delle due.
- Perdonami!
Mantenni lo sguardo basso, fissando quel semi riflesso di me che si vedeva nella mia tazzina di caffè. Il mio volto era impassibile, normale come sempre, apparentemente calmo.
Ma dentro di me, nel profondo del mio cuore, una parte urlava furente, reclamando vendetta, mentre un’altra sembrava sul punto di suicidarsi dal dolore. Mi sembrava di essere divisa in tre parti ben distinte, non collegate da alcun nesso logico.
-Le ho chiesto consigli in campo forense, prendendo come esempio il modo di fare di suo padre, e a poco a poco ho cominciato ad affezionarmici…
Picchiai un pugno sul tavolo con forza, facendolo sobbalzare dalla paura.
- Perché mi stai dicendo questo?!
- Semplicemente perché ho commesso un grossissimo errore.
- ADESSO BASTA!
Scattai in piedi, fulminandolo con lo sguardo. Era emersa la parte carica d’astio che riposava in me. Ed ora non si sarebbe fermata facilmente, avrebbe detto le cose come stavano; avrebbe chiuso questa sciocca partita una volta per tutte, per sempre.
- Nessuno di noi due ha sbagliato! Abbiamo solo preso decisioni diverse! E le une non riguardano all’altro; non hai nulla di cui preoccuparti!
Stavo meschinamente mentendo a me stessa, come se credessi che in quel modo avrei potuto placare quel tumulto di emozioni che mi ghermivano con artigli oscuri, che mi facevano piangere e strillare.
- Ma io…
- Con le scuse non si può cambiare il passato, non servono! Ormai quello che è successo è successo.
Mi misi una mano in faccia, sospirando. Non avevo neppure il coraggio di guardarlo negli occhi, di dirgli ciò che provavo nei suoi confronti. Ero una codarda… ma lo facevo solo per il nostro bene. Se nascondevo la verità era solo per questo motivo; avrei solamente provocato ulteriore sofferenza se avessi parlato.
- Dopotutto… io non faccio parte della tua vita privata. Siamo solo colleghi, no? Perciò dei tuoi sentimenti non dovrebbe fregarmene nemmeno.
Con la coda dell’occhio scorsi il dipingersi del suo viso di un’espressione sorpresa e, chissà per quale motivo, al contempo delusa.
Provai una dolorosa fitta nello stomaco.
Non mi piaceva affatto l’idea di essere stata io a provocare questa sua reazione, nonostante ciò che era successo.
Però non mi sarei immaginata di vedere in due modi diversi chi mi stava davanti. Sembrava che con un occhio lo guardassi come se fosse un angelo… e con l’altro mi sembrava di scorgere semplicemente un nemico. Era davvero assurdo come fossero cambiate così radicalmente le cose.
- E’ ora di tornare al lavoro, Edgeworth.
Mi allontanai in fretta da lui, evitando appena in tempo che potesse capire che quella frase aveva provocato in me un imminente pianto. Mi morsi un labbro per evitare di singhiozzare, facendolo sanguinare, e serrai con forza le palpebre per far sì che le lacrime cominciassero a sgorgare copiose.
Sarei arrivata a tutto pur di non vederlo in quello stato, pur di non soffrire ulteriormente entrambi. Anche a costo di evitare di ripetere questa stessa scena, mi sarei fatta da parte con garbo, silenziosamente, per far sì che fosse esattamente come se non fossi mai esistita.
Come se non fossi mai entrata a far parte della tua vita.
Come se non mi fossi mai innamorata di lui.

- E’ sicura della decisione che vuole prendere, signorina von Karma?
- Più che certa, signore.
La mia lettera di richiesta per il ritorno nella procura di Berlino fece rabbrividire il procuratore generale. Non si aspettava certamente un gesto del genere da parte mia, poi, apparentemente senza alcuna giustificazione.
Per qualche tempo ero riuscita a proseguire serenamente col mio lavoro, facendo come se nulla fosse accaduto, evitando meccanicamente Miles Edgeworth per quanto più potevo cercando solo di parlargli per lo stretto necessario riguardante il nostro lavoro da procuratori capi. Dopo il nostro discorso, raramente ci ritrovavamo assieme, da soli, a conversare come un tempo riguardo al lavoro e alla vita quotidiana come facevamo solitamente prima di quel dannato San Valentino. Sembravamo due poli uguali di una calamita, finivamo col respingerci con forza. Ma ora non ce la facevo proprio più.
Ogni volta che incrociavo il suo sguardo supplichevole, carico di scuse, provavo una fitta al cuore. Perché lo faceva? Perché si sentiva in colpa? Si divertiva nel vedermi soffrire a causa sua?
Se davvero amava quella donna, non aveva nulla da farsi perdonare. Dopotutto io ero una semplice collega, giusto? Solo una semplice compagna di lavoro…
“Non posso continuare in questo modo…”.
Non era più sopportabile il peso che quella sensazione opprimente portava appresso. Non avrei più retto, prima o poi, e sarei scoppiata. Avrei rischiato non solo di provocare ancor più sofferenza alla mia povera anima in pena, ma anche tristezza e sensi di colpa nella persona che amavo. Non potevo permettermi di vederlo soffrire, sarebbe stato fatale per me. Almeno lui doveva vivere felicemente, senza troppi problemi, assieme alla sua bella.
Perciò, nonostante fossi rimasta in America proprio per lui e per rimanergli accanto il più possibile, era finalmente giunta l’ora di ritornare nella mia madre patria, la Germania, e cercare di scordare tutto.
Dovevo ricominciare, dal principio, la mia vita un’altra volta.
- Si rende conto di cosa comporterà la sua scelta? Le converrà rinunciare al caso che le è stato appena assegnato, se non vuole impazzire a furia di andate e ritorni tra la sua terra e la nostra.
- Non sarà di certo un problema fare qualche viaggio in più, mi creda. L’importante è che io riesca a ritornare in fretta a casa mia.
In effetti era vero ciò che mi stava dicendo il superiore. Eppure ero così determinata a continuare il mio progetto; mi sarei caricata talmente tanto di lavoro da non aver più tempo per riflettere sul passato. Avrei finito, forse, col dimenticare tutto a furia di fatica.
- Allora non si vuole proprio ricredere?
- La mia partenza sarà un bene per tutta la procura. E poi, se ha paura nel perdere un procuratore capo, si ricordi che c’è ancora un’altra persona con la mia stessa carica.
- Senta, procuratrice, ha ancora tempo per pensarci prima che io ufficialmente approvi, se vuole.
- Non mi serve.
Non bastò il suo volto corrugato in un’espressione di dispiacere per farmi cambiare opinione. Sarei andata fino in fondo, qualsiasi fossero state le condizioni.
Tutto, pur di andare via.
Bastò solo un suo movimento della biro che il desiderio si realizzò immediatamente.
Soddisfatta, dopo averlo ringraziato con un inchino, mi avviai verso il mio ufficio per cominciare a mettere in ordine le mie cose per la partenza. Dovevo cominciare sin da subito, se volevo andarmene al più presto.
Compilai gli ultimi documenti, riordinai i fascicoli, svuotai scaffali e cassetti dalle varie scartoffie e raccoglitori, impacchettai per bene ogni cosa.
Dopo aver sistemato questo, restava solo la mia scrivania.
Spensi il computer, tolsi la targhetta col mio nome, chiusi l’agenda per infilarla nella mia borsa ed afferrai la mia giacca dopo aver rincalzato la sedia.
Per ultima cosa, chiamai gli addetti ai trasferimenti per far sì che spedissero gli scatoloni con tutto il mio materiale alla mia destinazione.
La stanza, in un attimo, era rimasta vuota.
Chiusi gli occhi, inspirando a fondo l’aria che aleggiava in quel luogo a me caro per ricordarlo meglio. Avrei lasciato un pezzo di me, lì, e chiunque avesse preso il mio posto avrebbe sentito ancora la mia presenza e avrebbe forse compreso cosa mi aveva convinta a fuggire.
Dopotutto non servono solo parole per capirsi a vicenda: basta uno sguardo, oppure percepire attraverso altri sensi ciò che era successo nel passato. Ancor oggi potevo sentire i passi di mio padre su quel pavimento, vedere la figura esile di mia madre che scrutava il paesaggio fuori dalla finestra e mia sorella che riordinava ogni cosa prima di uscire per tornare a casa.
Una lacrima corse lungo il mio viso, precipitando a terra. Mi asciugai gli occhi con il dorso della mano, furiosa, cercando di contenere questo sfogo di improvviso sentimentalismo.
E poi bastò solo alzare lo sguardo per scorgere un pacco distrutto rimasto sulla mia scrivania.
Mi avvicinai a passo lento, lo afferrai e cominciai a scartarlo.
“Perché…?”.
Con il vetro infranto, ridotto in mille pezzi lucenti, una cornice racchiudeva in sé una foto.
Sorrisi amaramente, cominciando a singhiozzare.
Sapevo che non sarebbe servito a nulla piangere, che non sarebbe cambiato niente, che non sarebbe bastato per cambiare le cose, però ne sentivo il bisogno. Il dolore montava in me, mi opprimeva, e mano a mano si tramutava in rabbia cocente, indomabile, carica di astio.
Gettai a terra il regalo per quell’uomo, rompendolo ulteriormente, premendoci sopra perfino il tacco del mio stivale per ridurlo in briciole.
Afferrai una scheggia di vetro e la strinsi con forza nel pugno, finendo col bucandomi la mano. Il sangue cominciò a colare lungo il braccio, potevo sentirne l’odore metallico simile a ruggine e il pulsare vivo della vita, il dolore acuto che provavo mentre lo vedevo sgorgare fuori di me.
Era un’immagine davvero orribile e assurda al tempo stesso, piena di sadismo e masochismo. Ma tutto quello che provavo nel ferirmi non si avvicinava minimamente a ciò che vagava dentro il mio corpo.
Avevo fatto tutto questo, ero arrivata a comportarmi in quel modo sciocco, per colpa di una persona che non aveva ascoltato nessuno dei miei segnali e che non li aveva interpretati, per chi mi aveva ignorata e trattata come una semplice sconosciuta, per colui che mi aveva condotta alla pazzia totale.
Non meritava questa soddisfazione. Ed io non ero degna di continuare a vivere così, tra sofferenze e dolore. Vi è un limite ad ogni cosa.
Cominciai a correre velocemente, diretta verso la mia villa, tenendo la testa bassa ed evitando gli sguardi curiosi e allibiti dei miei colleghi.
Lasciai alle spalle la mia stazione di lavoro e quella foto raffigurante noi due sorridenti abbracciati. Avevo definitivamente chiuso col passato una volta per tutte, per sempre.
---
Ecco un altro nuovo (e penoso) capitolo.
Cosa ne pensate, sinceramente? Può andare o è raccapricciante?

Edited by Lady_Angel_Pao^^ - 4/2/2011, 21:00
 
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;Phoenix
view post Posted on 4/2/2011, 20:53




Questo ti è riuscito molto bene!Sei riuscita ad esprimere molto dettagliamente e bene le emozioni di Franziska,e anche del povero Miles.Chissà che succederà,ora! ^^
 
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Lady_Angel_Pao^^
view post Posted on 5/2/2011, 18:09




Piangere

In certi incroci, dopo aver scelto la direzione da prendere, non si può più tornare indietro. Si può solo trovare una strada alternativa che riporti al punto di partenza, una secondaria, ma nulla sarà come la prima volta che hai attraversato quel posto.
Si è sicuramente speso più tempo, si è percorsa più strada, e il contachilometri non può cancellare ciò che si è dovuto fare per rimediare al tuo errore o per assecondare il tuo ripensamento.
Ed è lo stesso con la vita; quando si prende una decisione non si può cambiare idea dopo aver già cominciato. Bisognerà finire, attendere pazientemente, e poi ricominciare.
Ma le esperienze passate, dolore o gioiose che siano, resteranno per sempre nei ricordi e nulla potrà mai più cancellarle.
- Franziska, aspetta!
Sbarrai gli occhi, immobilizzandomi improvvisamente. Non potevo credere che fosse vero, non volevo farlo.
Rabbrividii, abbassando lo sguardo. Non avevo il coraggio di voltarmi per accertarmi di conoscere l’identità di chi mi stava alle spalle; bastava il mio cuore pulsante a darmi la risposta che cercavo.
- Dove stai andando? Perché il tuo ufficio è completamente spoglio e desolato?
Che domande sciocche. Inutili, insensate, poste senza alcun motivo. Erano state fatte senza ragione, senza un briciolo di pensiero. Non ci voleva un gran sforzo di fantasia, poi, per capire quali erano le mie vere intenzioni.
Ma, a quanto pareva, non erano poi così scontate come immaginavo. Dannazione.
- Ti prego, rispondimi!
Mi girai di scatto, fulminandolo con lo sguardo. Lo vidi tremare per quella reazione improvvisa e inaspettata, potevo perfino vedere raggelarglisi il sangue.
Era la stessa immagine di chi provava terrore profondo, identica a quella dei sensi di colpa.
- Lasciami stare.
Parole fredde, dure, dette con cattiveria. Erano le stesse di una persona stanca, distrutta dalla propria vita.
Perché vederlo rievocava in me l’immagine di quella sera, il suo sguardo carico di ripensamento, quello di Kay intriso di paura e il mio pieno di rancore e di delusione, disprezzo.
La delusione, la sofferenza, i pianti, l’emozione precedente alla vista della cruda realtà… potevo sentire ancora ogni cosa perfettamente, come se fosse successo pochi giorni prima. Riemergevano costantemente nei miei incubi peggiori, mi tormentavano, mi svegliavano con il sudore freddo sulla fronte e un brivido lungo la schiena.
Era giusto tutto questo? Era corretto continuare a giocare con i miei sentimenti come se nulla fosse?
Per quanto fossi diversa da chi mi circondava, anche io ero una persona. Non meritavo ciò.
- Stai scappando?
- Non sono affari tuoi!
La ferita, non ancora cicatrizzata, riprese a sanguinare. Gocce rosse vive caddero a terra, attirando l’attenzione di Miles.
- Cosa ti sei fatta alla mano?
L’aprii, mostrandogliela con un malsano orgoglio.
- Guarda! Questo è il frutto della mia follia che mi ha abbracciata in questi giorni. Osserva attentamente, perché conosci bene il motivo di questo sciocco gesto che sono arrivata a fare!
“Sei entrato nella mia vita…
L’hai completamente cambiata…
Ed ora che tutto è crollato e mi vedi in questo stato…
Ti senti in colpa”.
Scossi la testa, ritraendo la mano sanguinante e mettendomi quella sana nei capelli.
Per la prima volta dopo quel momento, scoppiai a piangere davanti a lui. Provai una strana sensazione di sfogo, come se attraverso le mie lacrime mi fossi liberata di quell’enorme peso che mi portavo appresso da tempo.
“E dire che, quel giorno, ero venuta da te con così tanti buoni propositi…
Avrei tanto desiderato che tu mi accettassi totalmente…
Avrei tanto voluto ricevere un briciolo di amore nella mia vita…
Ma i miei sogni ora sono polvere abbandonata al vento”.
Mi guardava con tristezza e dolcezza al tempo stesso, come se un cacciatore stesse provando pena per la preda ferita da lui stesso. Era una cosa folle.
- Perché ora sei qui?! – urlai, facendo un passo indietro. – Io non voglio la tua compassione! Dopotutto non ci conosciamo neppure! Siamo solamente colleghi, nulla di più! E tu dovresti saperlo fin troppo bene!!!
Spalancò gli occhi, incredulo. Sembrava che le mie parole avessero fatto breccia nel suo profondo, che l’avessero ferito a morte.
“Non riesci a comprendere le mie parole, vero…?
A te suonano come sconosciute, incomprensibili.
Hai mai provato ad entrare nella testa delle persone, a comprendere i loro stati d’animo?”.
- Io… non ti capisco…
Mi voltai di scatto, ignorandolo, e ripresi il mio cammino verso la mia macchina. Dovevo andarmene in fretta da lì, dovevo fuggire il più presto possibile da quell’incubo prima che fosse troppo tardi.
- Eppure ti facevo molto più perspicace, herr Miles Edgeworth.
“Forse, dato che sono sempre stata vicina a te, parte integrante della tua famiglia, hai sempre scordato di provare ad essere nei miei panni.
Dai tutto così per scontato…
E finisci col non vedere anche le cose più evidenti.
Che razza di procuratore sei se non riesci a vedere le prove che ti stanno sotto il naso, se non ascolti le parole dei tuoi stessi testimoni?!”.
Stavo per accendere il motore e sfrecciare via, pensando che lui ormai rassegnato e offeso sarebbe tornato nel suo ufficio, quando udii la portiera aprirsi senza che facessi nulla di tutto ciò.
Ed eccolo, il suo viso carico di dolore, stagliarsi davanti ai miei occhi lucidi.
- Non andare via.
“Con quale coraggio…
Dove trovi la forza di parlarmi e fare come se nulla fosse dopo quello che ho visto con i miei occhi?
Come posso ascoltare le tue parole?
Perché cerchi di impormi tale ordine, come se fossi al tuo servizio?”.
Non gli risposi.
- Ti prego, se hai qualche problema puoi dirmelo! Rendi miei i tuoi pensieri, condividili con me.
“Come ho fatto ad innamorarmi di te?
In base a quale principio ho cominciato a farlo?”.
- Miles… io ti amo.
Il silenzio, per quanto me lo aspettassi, piombò improvvisamente tra noi.
Lo vidi rabbrividire, indietreggiare di qualche passo, sgranare gli occhi e mettersi una mano sulla fronte. Me lo dovevo immaginare. Diamine, avrei dovuto stare zitta e tenere tutto nascosto.
Perché avevo parlato?
“Ho cercato di dirtelo silenziosamente in tutti i modi…
Ma non mi hai mai sentita.
Ed ora che ho trovato il coraggio di pronunciare queste quattro parole ad alta voce…
Vengo ripagata in questo modo.
Cosa significa questo silenzio agghiacciante?”.
Scappò via da me, correndo velocemente. In un attimo mi lasciò sola, con il mio senso di colpa e il dolore.
Avrei immaginato di tutto, magari una bella sgridata o una tremenda incredulità, forse una reazione dispiaciuta anche. Ma non questa vigliaccheria… non questo modo di evitare di affrontare la realtà ed accettarla per quello che era.
Piansi a dirotto.
“Ancora mi chiedo per quale motivo ho patito tanto per te.
Cosa ci ho guadagnato a dirti la verità che tanto bramavi?
Solo altra sofferenza. Solo quella.
E tutto grazie a te”.
Estrassi dal mio portafogli una foto a me tanto cara, quella di entrambi abbracciati sotto il pino della nostra villa in Germania. A quell’epoca eravamo entrambi felici e spensierati, senza alcun problema affettivo, vivevamo serenamente i nostri giorni assieme. Eravamo ancora una famiglia unita e salda e ci appoggiavamo l’uno con l’altra.
Ma ora era tutto cambiato, diverso; era finita per sempre.
Fissai attentamente il suo volto gioioso, lo accarezzai con un dito.
E l’immagine della sua fuga tornò a bruciare nella mia mente.
“Cosa sei diventato…?
Sei solo una persona fredda e senza cuore.
Sembri solo un narcisista; pensi solo a te stesso.
Hai mai provato ad osservare le persone che ti circondano? A quanto pare no.
Sembravi così accecato da questo evento, consumato da ciò e preoccupato per me…
Per un momento mi era parso che per un briciolo mi volessi bene.
Cosa dovrei dire, ora?”.
---
Okay, ora mi sono divertita a scrivere questo capitolo!
Non prendetemi per sadica! Non rido mica per la povera Franziska, sia ben chiaro!
Sono soddisfatta di questa mia creazione, però! Ho esaltato i suoi pensieri e le sue sensazioni come mai non ho fatto, diavolo!
Cosa ne pensate, voi? Vi è piaciuto?
 
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;Phoenix
view post Posted on 6/2/2011, 22:24




Povera Franziska,la vedo male per lei!Attendo il seguito,sperando che sia espressivo e bello come questo.Brava!
 
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view post Posted on 15/3/2012, 17:34

Brainy is the new sexy.

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Oddio che bello
 
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